Commozione cerebrale nei bambini: presto potrebbe essere diagnosticata tramite un test uditivo

Un innovativo test dell’udito potrebbe presto rappresentare la soluzione più efficace per diagnosticare una commozione cerebrale nei bambini: è questo ciò che stato dichiarato su un’autorevole rivista quale Scientific Reports.

I ricercatori della Northwestern University, infatti, hanno riscontrato che i bambini interessati da una commozione cerebrale tendono a rispondere in una maniera differente, più lenta, agli stimoli esterni, e tale differenza potrebbe essere misurata appunto attraverso un apposito test uditivo.

Questo innovativo test consisterebbe dunque nel far ascoltare ai bambini dei suoni complessi, e in base alla loro “risposta” è possibile comprendere appunto se sussiste una commozione cerebrale.

A conferma dell’efficacia di questo nuovo test vi è il fatto che a una distanza consistente dal momento in cui è avvenuto l’evento traumatico che ha comportato la commozione cerebrale, i sintomi si erano ridotti in modo consistente: al miglioramento della condizione cerebrale complessiva, dunque, corrisponde un miglioramento della capacità di elaborazione dei messaggi uditivi.

Attualmente questo test è stato sperimentato solo su 40 bambini di età compresa tra 11 e 15 anni, dunque è necessario porsi con la dovuta cautela nei confronti di questa innovazione, tuttavia i risultati che si sono riscontrati si sono rivelati molto attendibili.

Gli scienziati che stanno lavorando su questo progetto sono stati molto soddisfatti, dunque tutto lascia pensare che ci saranno ulteriori sviluppi in questo senso.

La possibilità di diagnosticare una commozione cerebrale in questo modo così pratico rappresenta davvero un ottimo progresso medico, sia perché si tratta di un test non invasivo e di semplice effettuazione e sia perché, nei bambini, l’individuazione di una commozione cerebrale si rivela spesso piuttosto complicata.

Anemia e perdita dell’udito: un possibile legame

Secondo uno studio che è stato pubblicato su AMA Otolaryngology – Head & Neck Surgery, potrebbe sussistere un legame tra la progressiva perdita dell’udito e l’anemia da carenza di ferro.

La ricerca in questione ha avuto luogo negli Stati Uniti ed è stata eseguita su un campione molto consistente, ovvero analizzando 305.339 cartelle cliniche appartenenti a persone di molte diverse età, da un minimo di 21 fino ad un massimo di 90 anni.

Nello studio in questione si è dunque confrontato lo stato di salute dell’apparato uditivo con i livelli di ferritina e di emoglobina presenti nel sangue, i quali sono appunto fondamentali per diagnosticare una condizione di anemia, e si è riscontrato un legame.

Nello specifico, la ricerca in questione ha fatto emergere un legame tra sordità trasmissiva e neurosensoriale, ovvero tipologie di sordità dovute a cause certe, e scarsi livelli di ferro.

L’anemia può avere dei risvolti sul nostro stato di salute in molti modi differenti, e chi ha condotto questa ricerca ha già formulato 3 differenti ipotesi: otturazione dell’arteria labirintica, presenza di malattie cardiovascolari e mielina, sostanza isolante che riveste i nervi esternamente.

Questa novità, dunque, si presenta molto interessante, e potrebbe spalancare dei grandi orizzonti dal punto di vista medico.

È utile ricordare che l’anemia si manifesta di norma tramite pallore, fragilità di unghie e capelli, sensazioni di debolezza o di irritabilità, vertigini, battito cardiaco irregolare, mani e piedi freddi, disfunzioni sessuali; questi campanelli d’allarme, dunque, non devono essere sottovalutati, e devono stimolare la persona a sottoporsi ad un’analisi del sangue.

Tachipirina e aspirina: l’uso prolungato potrebbe comportare dei danni uditivi

È un allarme da non sottovalutare quello di cui si è parlato negli scorsi giorni, secondo cui l’utilizzo di farmaci piuttosto comuni quali la tachipirina e l’aspirina potrebbe nel lungo periodo causare, laddove sia particolarmente massiccio, dei danni uditivi.

I ricercatori del Brigham and Women’s Hospital hanno svolto a tal riguardo una ricerca su un campione di 55.000 donne, ed effettivamente ciò che è emerso potrebbe essere letto come un possibile legame tra la condizione uditiva e l’uso massivo e prolungato di questi farmaci analgesici.

Nello specifico, il 5,5% delle volontarie hanno riferito di essere state interessate da difetti uditivi dopo aver usato a lungo questi farmaci, e il rischio crescerebbe in modo ulteriore in corrispondenza di una crescita dell’utilizzo di tali prodotti.

I ricercatori protagonisti di questo studio hanno inoltre specificato che i risultati conseguiti non sono stati in alcun modo falsati da aspetti quali la condizione fisica della donna, quindi da dati quali l’indice di massa corporea o dalla presenza di disturbi particolari.

Anche il tinnito, un disturbo uditivo piuttosto diffuso che è oggi oggetto di studio in molte nazioni, non ha in alcun modo influito sui risultati evidenziati.

Pulizia dell’orecchio: le cattive abitudini da evitare

L’American Academy of Otolaryngology ha pubblicato su un’autorevole rivista quale Journal Otolaryngology – Head and Neck Surgery dei suggerimenti relativi alla corretta pulizia dell’orecchio, in particolare alle modalità attraverso cui va eliminato il cerume.

Il cerume, come noto, è una sostanza organica di colore giallastro che viene secreta dall’organismo per lubrificare e per proteggere l’orecchio; quando è presente in quantità eccessive può risultare fastidiosa ed antiestetica, certamente, per tale ragione è legittimo il desiderio di voler pulire il proprio orecchio.

Nell’effettuazione della pulizia dell’orecchio, tuttavia, si commettono molto spesso degli errori rilevanti, i quali possono rivelarsi del tutto controproducenti se non addirittura pericolosi.

Quali possono essere, dunque, dei buoni consigli per la pulizia dell’orecchio?

Secondo l’American Academy of Otolaryngology non bisognerebbe mai inserire nulla all’interno dell’orecchio, tanto meno i classici cotton fioc: l’utilizzo di questi oggetti, infatti, spesso comporta un effetto opposto, ovvero quello di spingere ancor più in dentro il cerume e rendere più difficoltosa la sua rimozione.

I cotton fioc ed analoghi oggetti, se utilizzati in modo inappropriato, potrebbero anche causare dei seri danni al timpano, alla luce di questo quindi è bene utilizzarli solo ed esclusivamente per la pulizia esterna dell’orecchio, quindi ad esempio per pulire il padiglione auricolare.

Gli oggetti dal diametro ridotto, dunque, non devono essere mai inseriti all’interno dell’orecchio, inoltre non bisogna eccedere con la pulizia: se si esagera, infatti, si corre il rischio di irritare il canale uditivo.

Secondo l’American Academy of Otolaryngology sono assolutamente da evitare anche coni di cera, candele ed analoghe metodologie di intervento, inoltre si raccomanda caldamente di rivolgersi al proprio medico qualora di dovessero verificare episodi di sanguinamento dalle orecchie, o anche qualora si dovesse riscontrare la presenza di quantità di cerume rilevanti.

Apparecchi acustici: molti italiani hanno un infondato imbarazzo nell’indossarli

La tecnologia relativa ai dispositivi specifici per chi ha problemi di udito migliora in modo costante, tuttavia gli italiani dimostrano di avere ancora molta vergogna nell’indossare degli apparecchi acustici.

È strano notare come mentre un numero davvero consistente di persone abbia delle remore nell’indossare un apparecchio uditivo, indossare degli occhiali sia considerato un qualcosa di assolutamente normale; questa sorta di pregiudizio, ovviamente, deve essere superata, perché utilizzare un apparecchio acustico può significare migliorare in modo molto consistente la propria qualità della vita.

Tra l’insorgere dei primi problemi uditivi e il ricorso ad un apparecchio acustico passano ben 10 anni, un lasso di tempo davvero immenso, e un altro dato quanto mai emblematico dell’infondata “vergogna” degli italiani nell’indossare degli apparecchi acustici è rappresentato dal fatto che su 7 milioni di persone che necessiterebbero di correzioni uditive, solo 1 milione indossa un apparecchio apposito.

Anche per quanto riguarda l’udito, proprio come per tutt’altri problemi di salute, è importante intervenire per tempo per evitare che il difetto peggiori, senza considerare ovviamente che è un peccato trascorrere periodi della propria vita convivendo con un disagio uditivo, il quale può avere ripercussioni negative anche sulla propria vita relazionale.

Insomma: perché rinunciare a sentire bene? Perché provare vergogna nell’indossare un apparecchio piccolo e discreto?

Una delle novità più recenti relative a questo settore è rappresentata dall’apparecchio acustico Phonak Audèo B-R del Gruppo Sonova, un dispositivo dotato di batterie al litio ricaricabili molto adatto anche ai pazienti anziani.

Bambini e problemi uditivi: l’importanza di un intervento tempestivo

Intervenire per tempo per porre rimedio ai problemi uditivi dei bambini è molto importante: è questo ciò che è stato evidenziato nel Joint Committee on Infant Hearing.

La diagnosi di eventuali problematiche deve essere effettuata entro i primi tre mesi di vita, e le possibilità di porre rimedio a difetti uditivi sono numerose.

PiùUdito, società operante nel mondo dell’adattamento audioprotesico, sottolinea che la sordità interessa da 1 a 3 neonati su 1.000, oltre che al 4-5% di tutti i ricoverati in terapia intensiva neonatale.

Correggere per tempo eventuali problemi di udito è importante anche nell’ottica della crescita relazionale del bambino, dunque affinché possa imparare a comprendere, a parlare e ad interagire con gli altri nei giusti tempi.

PiùUdito può offrire svariate soluzioni specifiche per i bambini, affinché possano recuperare in modo efficace un udito privo di imperfezioni.

Troppo rumore nelle scuole italiane: può rendere più difficoltoso l’apprendimento

Nelle scuole italiane i rumori sono troppo alti: in occasione della Giornata Internazionale degli Studenti, la quale si è celebrata il 17 novembre, si è evidenziato come gli studenti italiani siano spesso esposti a rumori eccessivi.

Anzitutto c’è da sottolineare che moltissime scuole sorgono in luoghi particolarmente rumorosi, dunque in prossimità di strade molto trafficate, o ancor peggio nei pressi di aeroporti e stazioni, allo stesso tempo non bisogna trascurare tutti i rumori “endogeni”, quindi quelli causati da banchi e sedie piuttosto datati, dai gessetti utilizzati a diretto contatto con le lavagne, e anche dal vociare proveniente dai corridoi e dalle aule vicine.

Essere esposti a dei rumori eccessivi non è una cosa positiva, questo è evidente, e non bisogna trascurare neppure il fatto che tali rumori possono avere ripercussioni sulla qualità dell’apprendimento: la presenza di rumori di sottofondo, infatti, può rendere più difficoltose la comprensione e la concentrazione.

Sarebbe necessario prestare una maggiore attenzione da questo punto di vista, dunque, a cominciare dai piccoli accorgimenti, come ad esempio utilizzare delle lavagne elettroniche e posizionare dei feltrini sotto sedie e banchi.

Vanno segnalate anche delle innovazioni più importanti da questo punto di vita: presso l’Istituto Cavalieri di Milano, ad esempio, è stata realizzata una particolare aula anti-rumore dotata di pannelli fotoassorbenti e di una parete cosiddetta “mangia decibel”, in grado di ridurre in modo significativo il tempo di riverberazione.

Ipoacusia: un potenziale problema per chi guida

Moltissimi italiani sono interessanti da ipoacusia, ovvero sostanzialmente da una ridotta capacità di percepire i suoni.

I soggetti che presentano problemi di questo tipo, ovviamente, devono prestare massima attenzione durante la guida, per tale motivo negli esami di rilascio o di rinnovo della patente di guida è importantissimo verificare le capacità uditive della persona.

Nel caso in cui, durante gli esami di routine, vi siano dei dubbi circa la capacità della persona di poter condurre un mezzo senza alcun problema, l’esame passa ad una commissione medico-locale che valuta il caso in modo più approfondito.

Non è affatto escluso che a seguito di tali esami venga offerta, alla persona, la possibilità di disporre di una patente di guida, prevedendo tuttavia delle limitazioni: ad alcuni soggetti interessati da ipoacusie, ad esempio, è vietato guidare senza una persona accanto, ad altri invece viene vietato di guidare in autostrada durante le ore serali.

Va detto che la normativa sulla base di cui viene effettuato il rilascio o il rinnovo di una patente è piuttosto discrezionale, dunque sarebbe opportuno introdurre delle nuove regole più precise: oggi, infatti, la patente viene rilasciata o rinnovata se la persona esaminata dimostra di “udire da ciascun orecchio la voce di conversazione con fonemi combinati a non meno di due metri di distanza”.

Il numero di italiani che presentano delle ipoacusie è tutt’altro che trascurabile, e si stima che circa il 12% della popolazione conviva con problemi di questo tipo; le percentuali, ovviamente, crescono in modo significativo nella fascia di età over 60, toccando quota 30%.

La persona che ha problemi uditivi, è evidente, può essere maggiormente esposta a rischi mentre guida, ragion per cui chi è interessato da ipoacusia dovrebbe prestare un’attenzione davvero massima nel mentre conduce l’auto e dovrebbe allo stesso tempo adottare alcuni accorgimenti.

Va dunque evitato di tenere acceso lo stereo, si dovrebbe evitare anche di telefonare pur utilizzando l’apposito vivavoce, allo stesso modo anche la vocalità del navigatore dovrebbe essere opportunamente regolata.

Un nuovo test uditivo per la diagnosi dell’Alzheimer

Un interessante studio realizzato dalla Johns Hopkins University di Baltimora ha dimostrato come i difetti uditivi siano legati assai spesso alla perdita dell’udito, dunque al fatto che lo stress necessario per poter decifrare i messaggi circostanti implichi un decadimento mentale.

Una notizia ancor più recente mette nuovamente in relazione la lucidità mentale con l’udito, ma in una chiave completamente diversa: tramite un test uditivo, infatti, potrebbe presto essere possibile diagnosticare l’Alzheimer.

Questo studio sarebbe in grado di rivelare l’insorgere di questa indesiderata condizione mentale ancor prima che essa si manifesti tramite sintomi più importanti, per tale motivo si tratta di una prospettiva davvero molto interessante.

Lo studio in questione nasce da una collaborazione tra le Università di Barcellona, Brescia e Trento, e qualora riesca a divenire una realtà sarà sicuramente un’innovazione molto importante, anche in considerazione del fatto che si tratta di un test non invasivo e che può essere eseguito senza alcuna specializzazione tecnica.

Trattandosi di un test del tutto passivo, inoltre, la persona che vi si sottopone non deve fare assolutamente nulla, e anche questo è un importante punto di forza.

Questo nuovo test uditivo, dunque, potrebbe rappresentare davvero una grande novità per diagnosticare l’Alzheimer ancor prima che si palesi in modo evidente.

Difficoltà a comprendere da parte degli anziani? Potrebbe non essere un difetto uditivo

Non è certo raro che una persona anziana, magari in un luogo affollato come un ristorante, chieda al proprio interlocutore di poter ripetere quanto ha detto: nella grande maggioranza dei casi, in circostanze di questo tipo, si tende a credere che l’anziano abbia delle difficoltà uditive, ma non è detto che sia così.

Una ricerca a cura dell’Università del Maryland, UMD, ha rilevato che molte persone anziane hanno una difficoltà superiore, rispetto a quelle più giovani, nel distinguere il suono emesso dal proprio interlocutore con i vari rumori di fondo.

Questo non sarebbe dunque legato ad un’effettiva difficoltà uditiva, quanto a dei tempi diversi di elaborazione delle informazioni ascoltate da parte delle persone più anziane.

Senza addentrarci oltremodo in questioni mediche, si può quindi affermare senza esitazioni che le persone anziane necessitano, in genere, di tempi più lunghi per poter elaborare ciò che hanno ascoltato, in sostanza dunque per poter ascoltare devono compiere uno sforzo maggiore.

Il problema, in questi casi, è dunque individuabile nella sfera cerebrale della persona, e alla luce di questo è utile fare una considerazione: se una persona anziana ha difficoltà a comprendere quanto le viene detto per questa specifica ragione, non è necessario ripetere ciò che si è pronunciato a voce più alta, semmai è preferibile ripetere scandendo bene le parole e con una maggiore lentezza.