Acufene: un problema sempre più diffuso che necessita di una terapia

L’acufene, ovvero quella fastidiosa sensazione di ronzio alle orecchie che rappresenta una sorta di indesiderato sottofondo sonoro, si sta diffondendo sempre più, e in Italia sono davvero numerose le persone che ne sono interessate.

Secondo le ultime statistiche nel nostro paese circa il 15% della popolazione convive con l’acufene, ed è preoccupante il fatto che ad oggi non esistono terapie valide per affrontare tale condizione.

Corrado Lodigiani, responsabile del centro trombosi e malattie emorragiche dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano, ha spiegato come questo disturbo sia molto sottovalutato nel nostro paese.

Convivere con l’acufene è davvero un qualcosa di spiacevole, anche in considerazione del fatto che questo malessere uditivo può favorire l’insorgere di stati depressivi, disturbi del sonno e altre problematiche tutt’altro che trascurabili, senza ovviamente trascurare le spese economiche che la persona deve sostenere per le varie visite specialistiche.

Lo stesso Lodigiani sottolinea infatti che l’acufene non è considerato una patologia cronica e invalidante dal Ministero della Salute, dunque chi ne è interessato gode di ben poche tutele; al di là dell’aspetto economico, peraltro, Lodigiani dichiara che il riconoscimento come patologia cronica e invalidante sarebbe utile anche per incentivare la ricerca, senz’altro importantissima.

Attualmente le cause dell’acufene sono piuttosto oscure, dunque sarebbe assolutamente opportuno riuscire a far chiarezza, anche per quel che riguarda i possibili rimedi terapeutici la situazione è tutt’altro che ben definita.

Premesso che l’acufene può presentare peculiarità molto diverse, di conseguenza anche i rimedi terapeutici possono assumere, verosimilmente, peculiarità disparate, ad oggi i trattamenti più diffusi consistono soprattutto in approcci riabilitativi finalizzati a favorire la convivenza con questo fastidio, oppure nell’emissione di altri suoni da parte di apposite protesi acustiche le quali camuffano, appunto, il rumore causato dall’acufene.

Non si tratta, è evidente, di vere e proprie soluzioni al problema, ma solo di meri palliativi.

In un unico caso si può attuare una terapia degna di tal nome: qualora l’acufene dipenda dal conflitto vaso-nervo vascolare, infatti, si può effettuare un apposito intervento chirurgico.

L’auspicio è dunque che vengano compiuti dei passi in avanti per porre rimedio a questo problema di salute senz’altro sottovalutato: tantissime persone hanno un impellente bisogno di cure efficaci contro l’acufene, e riuscire a fronteggiare questo disturbo avrebbe senz’altro risvolti molto positivi sulla loro qualità della vita.

Ipoacusia: nella sola UE “costa” 178 miliardi di euro annui

L’ipoacusia, ovvero l’indebolimento dell’udito dovuto alle cause più svariate, comporta dei costi davvero molto elevati alla collettività laddove non venga trattata a dovere.

I difetti uditivi continuano ad essere sorprendentemente sottovalutati: le visite di controllo periodiche relative all’udito sono molto meno frequenti rispetto a quelle che riguardano, ad esempio, la vista, allo stesso tempo è molto grave che persone che convivono con difetti uditivi li trascurino, ignorando la possibilità di potervi porre rimedio.

Quello dell’ipoacusia non trattata è dunque un problema piuttosto frequente, e a tal riguardo è ancora oggi importantissimo sensibilizzare la gente al controllo costante dell’udito e alla cura tempestiva di eventuali difetti.

In vista della Giornata Mondiale dell’Udito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato quelli che possono essere i costi di questo problema di salute a carico della collettività, e si parla di cifre a dir poco altisonanti.

Nella sola Italia l’ipoacusia non curata comporta una spesa pari a 21 miliardi di euro annui, mentre nell’intera UE 178 miliardi di euro ogni anno.

D’altronde, quanto di negativo può causare l’ipoacusia è davvero notevole: questa condizione uditiva può portare la persona ad isolarsi e a maturare una condizione di depressione, può renderla meno efficiente sul lavoro, può demotivarla nella ricerca di un’occupazione, e per quanto riguarda l’età adolescenziale può comportare delle difficoltà di apprendimento, rese ancor più gravi dal fatto che i compagni di classe riescono a procedere con un ritmo più rapido.

Carlo Antonio Leone, presidente della Società italiana di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale, ha rimarcato come l’udito abbia un ruolo importantissimo nella vita di una persona, di conseguenza difetti di questo tipo possono senz’altro avere innumerevoli risvolti negativi, sia per la stessa vita della persona che per la collettività, in termini di costi.

Udito delle donne e degli uomini: quali differenze?

L’udito delle donne è profondamente diverso da quello degli uomini: le differenze tra l’udito maschile e quello femminile sono davvero importanti, cerchiamo dunque di capire sotto quali punti di vista.

Anzitutto, l’udito delle donne è in grado di percepire in modo migliore le frequenze a intensità media, ovvero quelle da 1000 kertz; questa caratteristica peraltro è stata messa in relazione anche con le capacità linguistiche femminili, che di norma sono migliori.

Gli uomini sono interessati molto più frequentemente delle donne da presbiacusia, quindi ad una diminuzione delle capacità uditive in corrispondenza della vecchiaia, e da questo punto di vista potrebbe avere un’influenza il fatto che gli uomini sono impiegati molto più frequentemente rispetto alle donne in attività lavorative che comportano particolari stress uditivi.

Va sottolineato che la donna può essere interessata da problemi uditivi in particolari fasi biologiche della sua vita, ovvero in gravidanza o in menopausa.

In gravidanza eventuali difetti uditivi rientrano tempestivamente nella normalità non appena avviene il parto, mentre in menopausa i danni uditivi possono essere permanenti, soprattutto nel caso in cui si sia intrapresa una terapia ormonale.

Per preservare al meglio l’udito, ovviamente, sono sempre valide le raccomandazioni più consuete: evitare di esporsi a rumori forti, seguire uno stile di vita sano e sottoporsi a delle visite di controllo periodiche.

Menopausa e terapia ormonale: possibili rischi per l’udito

Le donne che affrontano il periodo della menopausa tramite una terapia ormonale corrono il rischio di sviluppare dei problemi uditivi.

Questo aspetto è emerso tramite un’innovativa ricerca pubblicata sulla rivista Menopause della North American Menopause Society (Nams): secondo questo studio appunto le donne che fanno ricorso a tale trattamento farmacologico sono più esposte al rischio di maturare dei danni uditivi rispetto alle donne che affrontano questa fase in maniera fisiologica.

Sulla base di quanto detto, dunque, le donne che stanno valutando la possibilità di usufruire di una terapia ormonale per la menopausa devono soppesare anche questa possibilità, la quale rappresenta senz’altro una novità rispetto a ciò che si credeva in precedenza.

Lo studio in questione ha evidenziato anche un ulteriore aspetto, relativo all’età in cui la menopausa viene a manifestarsi: tanto più tardi si verifica questa fase ormonale, tanto più concrete sono le possibilità di soffrire di un abbassamento dell’udito.

Joann Pinkerton, direttore della società che ha condotto questo studio, ha dunque sottolineato che è importantissimo informare le donne che scelgono di intraprendere la terapia ormonale anche per quanto riguarda questi possibili rischi, i quali fino ad oggi non sono stati considerati.

Bambini e problemi uditivi: un’intervista al Dott. Albera

È cosa nota il fatto che riscontrare per tempo eventuali problematiche uditive nel bambino sia importantissimo, anche perché tali aspetti potrebbero avere dei risvolti negativi sull’apprendimento e sulla socializzazione primaria, di conseguenza si raccomanda sempre caldamente di effettuare tutti i test previsti nei primi mesi di vita del piccolo.

Relativamente a questa delicata questione sono state poste alcune domande al Dott. Roberto Albera, specialista in otorinolaringoiatria, audiologia e foniatria, nonché docente presso l’Università di Torino, il quale ha tracciato una sorta di quadro relativo al nostro paese.

Il Dott. Albera dichiara che nel nostro paese gli screening dell’udito hanno raggiunto un elevato livello di diffusione, e questo è importantissimo, il docente dichiara inoltre che circa un neonato su mille presenta casi di sordità grave da entrambe le orecchie, allo stesso modo un neonato su mille è interessato da sordità grave da un unico orecchio.

L’incidenza di questi problemi non è elevata, anche se ovviamente non può affatto essere trascurata, tuttavia il Dott. Albera rileva che in alcune occasioni le diagnosi eseguite non sono corrette.

Questo, talvolta, è dovuto al fatto che le valutazioni non sono effettuate in modo adeguatamente approfondito, in altre occasioni invece i test sono eseguiti in maniera appropriata, ma l’udito tende a deteriorarsi successivamente per ragioni differenti.

D’altronde in alcuni casi percepire eventuali difficoltà uditive del proprio bambino non è semplice: capita infatti di notare il bambino rispondere in maniera piuttosto efficace agli stimoli esterni, tuttavia le sue risposte sono dovute a un riscontro visivo, piuttosto che uditivo, e questo trae in inganno.

Al Dott. Albera è stato chiesto anche se l’ascolto della musica può essere pericoloso, e il docente dell’ateneo torinese ha confermato come ascoltare musica ad alto volume, soprattutto utilizzando cuffie e auricolari, possa avere dei risvolti molto negativi in tale ottica.

Allo stesso tempo, però, il Dott. Albera smorza gli allarmismi, sostenendo che comunque l’ascolto della musica non debba essere demonizzato, e che con adeguati periodi di riposo acustico si possono evitare senza problemi le complicanze, ovviamente a condizione che il volume non sia eccessivamente elevato.

Ascoltare musica usando le cuffie: qual è il limite da non oltrepassare?

Ascoltare musica utilizzando cuffie e auricolari è un’abitudine piuttosto diffusa tra i giovani, ed è ormai altrettanto noto che questo comportamento, se effettuato in modo eccessivamente reiterato, può implicare dei danni all’udito.

Sensibilizzare circa questo aspetto è molto importante, dal momento che si stima che il 25% dei teenager, oggi, trascorra troppo tempo utilizzando le cuffie, e allora qual è il limite che non dovrebbe essere mai oltrepassato?

Anzitutto, bisogna distinguere il volume al quale si ascolta la musica: a livelli inferiori di 80 decibel, infatti, è alquanto improbabile che si possano verificare dei danni uditivi, mentre se si ascolta abitualmente musica ad un volume incluso tra gli 80 e gli 85 decibel si potrebbero verificare dei lievi danni nel lungo periodo.

Se il volume della musica supera gli 89 decibel e se la si ascolta per più di un’ora al giorno, allora siamo al limite, come confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Alla luce di questo è sicuramente un ottimo suggerimento quello di evitare di ascoltare musica in questo modo per più di un’ora al giorno, e il volume della medesima non dovrebbe superare gli 80 decibel.

Per tenere alla larga i rischi, inoltre, è un suggerimento altrettanto prezioso quello di evitare cuffie eccessivamente isolanti, ovvero quei modelli molto grandi ed avvolgenti che stanno divenendo di gran moda negli ultimi tempi.

Parte in Abruzzo un’innovativa ricerca medica dedicata ai bambini

Sarà realizzata in Abruzzo una ricerca medica fortemente innovativa, la quale prenderà in considerazione il sistema uditivo-vestibolare dei bambini mettendolo in relazione con eventuali disturbi di apprendimento, con un particolare riguardo nei confronti della dislessia.

Una ricerca come questa rappresenta una novità assoluta per quel che riguarda il nostro paese, e l’idea nasce da una collaborazione tra alcuni ricercatori dell’Università degli Studi di Torino ed una ONLUS di Vasto, ovvero la Fondazione Padre Alberto Mileno.

Come ha dichiarato il Dott. Benito Michelizza, il professionista che si occuperà della coordinazione dello studio, l’obiettivo primario di questa ricerca è quello di valutare se è possibile ottenere dei risultati apprezzabili nel contrasto alle difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo intervenendo tramite un apposito “allenamento” del sistema uditivo e di quello vestibolare.

Michelizza ha sottolineato come le interrelazioni tra sistema uditivo e capacità di lettura siano piuttosto note, allo stesso tempo invece la relazione tra funzionalità del sistema uditivo-vestibolare e percezione visiva collegata alla lettura è ancora poco indagata.

Questa nuova ricerca potrebbe dunque portare a delle interessanti conclusioni, e l’auspicio è quello che specifici esercizi dedicati ai sistemi ritenuti deficitari possano apportare dei risultati apprezzabili.

Qualora si dovessero verificare simili riscontri, ha spiegato Michelizza, lo studio in questione verrà eseguito nuovamente in maniera policentrica e su più vasta scala.

Contrastare l’acufene tramite la psicoterapia: un’interessante novità

L’acufene è un problema estremamente diffuso, nel mondo proprio come in Italia, e si tratta senz’altro di un qualcosa di molto fastidioso.

L’acufene infatti fa convivere la persona con dei fastidiosi ronzii, oppure con dei fruscii, e si può ben immaginare quanto disagio possa comportare tutto questo.

L’incidenza dell’acufene è tutt’altro che lieve: si stima che in Italia ne sia interessato ben il 15% della popolazione, percentuale che sale al 30% per quanto riguarda la fascia di età over 70.

Questa condizione è spesso sottovalutata, anzi erroneamente non è considerata neppure come una patologia, ed è tutt’altro che rassicurante il fatto che ad oggi non esistano farmaci o terapie specifiche.

Un approccio innovativo e molto interessante relativo alla cura dell’acufene è quello presentato da Corrado Lodigiani, responsabile del centro trombosi e malattie emorragiche presso l’Istituto Clinico Humanitas di Milano.

Partendo dal presupposto che l’acufene si manifesta assai spesso tra i soggetti che manifestano casi di depressione ed analoghi disturbi psicologici, Lodigiani afferma che l’acufene potrebbe non essere una causa dei medesimi, come si è diffusamente portati a credere, ma bensì una conseguenza.

L’intento è dunque quello di riuscire a sconfiggere l’acufene attraverso delle terapie che intervengono sulla psiche, e non si sta parlando delle tradizionali sedute di psicoterapia, quando piuttosto di una serie di esercizi corporei di natura bioenergetica.

Questo particolare approccio è al momento in fase di sperimentazione, e sta riguardando un gruppo di pazienti già in cura presso l’Istituto Humanitas dall’età compresa tra i 30 ed i 60 anni.

Il protocollo si concluderà per la fine dell’anno 2017, e ovviamente l’auspicio è che questo approccio terapeutico possa garantire dei risultati apprezzabili e possa magari rappresentare una svolta nelle opportunità terapeutiche riguardanti l’acufene.

Disturbi uditivi: perché è importante prevenirli

Prevenire i disturbi dell’udito è fondamentale, anche in considerazione del fatto che, sulla base delle stime, ben 6 casi di ipoacusia su 10 potrebbero essere evitati riuscendo a intervenire per tempo.

Proprio negli scorsi giorni l’OMS ha tracciato il quadro del peso economico legato ai disturbi uditivi, un vero e proprio macigno che ammonta a circa 750 miliardi di dollari annui su scala globale e che nella sola Italia è stato stimato in 21 miliardi di euro.

Al di là dei dati di natura economica, che pure rendono bene l’idea di quanto questa problematica sia grave, è evidente come i difetti uditivi meritino di essere contrastati con la maggiore accortezza possibile.

Anzitutto un buon udito è fondamentale nel bambino, in quanto favorisce la socializzazione, le capacità di comprensione e la costruzione di buone proprietà di linguaggio.

Negli anziani la perdita di udito può accentuare la possibilità che possano rivelarsi delle cadute, allo stesso tempo purtroppo può essere messa in relazione con il decadimento cognitivo.

Una persona che ha difficoltà uditive tende spesso a isolarsi e può essere più esposta a maturare degli stati depressivi, senza ovviamente trascurare il fatto che i problemi uditivi riducono l’efficienza dal punto di vista professionale.

Una persona con difficoltà uditive ha il doppio delle possibilità di restare disoccupata, e anche questo è un motivo per curare con massima attenzione la prevenzione.

Alla luce di quanto detto, dunque, si raccomandano anzitutto degli specifici test uditivi alla nascita, per verificare che il bambino non abbia difficoltà da questo punto di vista, inoltre anche in età adulta è fondamentale sottoporsi a dei controllo audiologici con cadenza regolare, almeno una volta l’anno.

Declino dell’udito: determinanti i rumori urbani, ma non sono l’unica minaccia

A breve distanza dalla Giornata Mondiale dell’Udito, celebratasi il 3 marzo, ci si è interrogati su quale sia la condizione media dell’udito nelle varie zone del mondo, e i dati non sono risultati affatto confortanti.

In molte città, infatti, l’inquinamento acustico si è rivelato davvero consistente, e non è certamente per caso se proprio in questi centri urbani l’udito della popolazione è risultato peggiore.

La società tedesca Mimi Hearing Technologies ha somministrato un test dell’udito a ben 200.000 persone utilizzando un’App, e i risultati sono stati molto interessanti.

Come accennato, nelle città più rumorose al mondo le persone hanno dimostrato di avere un udito più “vecchio” rispetto alla media: prendendo ad esempio una città molto rumorosa come Delhi, infatti, gli abitanti della medesima hanno di fatto un udito più vecchio di 19 anni rispetto all’età biologica della persona, in sostanza una persona di 40 anni ha l’udito di una persona di 59.

Per completezza va detto che anche nelle città più virtuose dal punto di vista dell’inquinamento acustico i dati non sono molto distanti, tuttavia è innegabile che non essere costantemente esposti a dei fastidiosi rumori è un vantaggio non da poco.

Quali sono, dunque, le città dove l’udito tende a deteriorarsi più facilmente, ovvero le città più rumorose?

Oltre alla già menzionata Delhi, sono delle città molto ricche di rumori la cinese Guangzhou, a cui spetta questo poco invidiabile primato, seguita da Il Cairo, in Egitto, e da Parigi, la quale è risultata dunque la città più rumorosa d’Europa.

Al 20° posto di questa graduatoria figura una città italiana, ovvero Roma, mentre al 33° si trova Milano; tra le città più silenziose è invece possibile menzionare Zurigo, Dusseldorf, Monaco di Baviera, Oslo, Vienna, Seoul, Amsterdam, Liverpool, Stoccolma, Stoccarda.

Alla luce di questo, dunque, l’equazione secondo cui tanto più una città è grande e tanto più è rumorosa è priva di fondamento, dal momento che molti importanti centri urbani dimostrano di avere dei livelli di rumorosità molto contenuti.

Ovviamente i rumori cittadini non rappresentano l’unica minaccia nei confronti dell’udito, ma anche l’abitudine di ascoltare musica ad alto volume utilizzando cuffie e auricolari può essere pericolosa, così come andare con molta frequenza in discoteca.

Acquisire delle abitudini virtuose è molto importante, dunque, allo stesso tempo è vivamente consigliato utilizzare tappi e cuffie antirumore nei momenti in cui si è esposti a delle fonti di inquinamento particolarmente accentuate.